Pubblicato il giorno 8 luglio 2024 Archiviato in: Inchieste Normativa

Indagine Istat sulle biblioteche 2022 e qualche parola sul Diritto di prestito pubblico

Partendo dai dati raccolti nel corso del 2023, Istat propone un approfondimento sul tema delle biblioteche di pubblica lettura in Italia, evidenziando la loro capacità di essere spazio e servizio pubblico per tutta la cittadinanza. Qui di seguito un riepilogo dei punti principali:

Quasi 8 su 10 (77,0%) delle 8.131 biblioteche aperte nel 2022 sono di pubblica lettura, cioè svolgono una funzione orientata alla comunità locale del proprio territorio. Il 92% di esse è gestito da enti locali.
La maggiore quota di biblioteche di pubblica lettura è localizzata al Nord (60,2%), seguono il Mezzogiorno
(27,2%) e il Centro (12,6%). Le prime cinque regioni per numero di strutture sono Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Sardegna. Seguono nell’ordine Trentino-Alto Adige, Campania, Sicilia, Toscana e Lazio. Quasi la metà di tutte le biblioteche di pubblica lettura è presente nelle aree rurali o scarsamente popolate (47,5%). 4 su 10 sono in piccole città o nei sobborghi di città più popolate e solo il 12,3% si trova nei grandi centri urbani.
La media è di 1 biblioteca ogni 8.500 abitanti.

Gli accessi fisici totali registrati nel 2022 sono quasi 34 milioni. Il volume complessivo di prestiti fisici erogati supera i 30 milioni: la maggioranza delle biblioteche (36,1%) ha effettuato in un anno da 500 a 5000 prestiti locali, mediamente 6 per ogni utente attivo iscritto.

Le biblioteche conservano e rendono accessibile un patrimonio quantificabile in 166.950.000 unità. Tra le attività complementari più diffuse ci sono la promozione della lettura e gli incontri con gli autori (70,4% delle strutture) e i laboratori per i bambini fino ai 13 anni (65,1%). Le biblioteche più orientate a interagire con il territorio sono quelle dei Comuni fino a 10.000 abitanti.

Le biblioteche rivestono un ruolo importante per gli autori e le autrici, inclusi traduttori e traduttrici, non solo dal punto di vista promozionale, ma anche da quello economico, attraverso il cosiddetto Diritto di prestito pubblico (DPP), ossia, il diritto degli autori e delle autrici di ricevere una remunerazione dal governo quale compenso per il prestito dei loro libri effettuato gratuitamente dalla biblioteche pubbliche.

Come spiega un’utile Guida a cura della Rete internazionale del DPP (International Public Lending Right Network), Il DPP è riconosciuto nel diritto europeo dal 1992 e attualmente sono 32 i Paesi che lo hanno implementato, 28 dei quali in Europa. Il primo Paese ad adottare un sistema di DPP è stata la Danimarca nel 1946.

Come funziona? Ciascun Paese ha un approccio diverso ma, in generale, il DPP è finanziato direttamente dal governo e non rappresenta un onere per i bilanci delle biblioteche. Più comunemente, il DPP è distribuito agli autori in funzione delle volte in cui le loro opere sono state date in prestito nelle biblioteche.
Questo metodo basato sulla remunerazione per prestito vige in Paesi come il Regno Unito, la Germania, i Paesi Bassi e la Svezia. Tuttavia, il compenso può essere corrisposto agli autori anche con riferimento al numero delle copie dei loro libri in dotazione presso le biblioteche (Canada, Danimarca, Australia) o calcolato in base ai libri venduti (Francia) o al numero degli utilizzatori iscritti nelle biblioteche (Spagna).
I fondi del DPP sono utilizzati in alcuni Paesi per finanziare le pensioni degli autori (Germania, Francia, Svezia), mentre in altri Paesi per pagare borse di viaggio e di studio (Norvegia, Slovenia).

Generalmente, oltre agli scrittori, anche altri soggetti che contribuiscono al libro, quali gli illustratori, i traduttori, gli editori e i fotografi beneficiano del DPP. In molti Paesi gli editori condividono il DPP con gli autori.

La raccolta dei dati per i vari metodi è informatizzata e sia i dati relativi ai libri in dotazione alle biblioteche pubbliche sia il numero dei prestiti effettuati sono rilevati facilmente dai sistemi informatici delle biblioteche. Nella maggioranza dei Paesi, il DPP è finanziato dal governo regionale o centrale e non è corrisposto agli autori direttamente dalle biblioteche pubbliche.

E in Italia? Il Fondo per il Diritto di prestito pubblico è stato istituito con il D.L. 262/2006, convertito in Legge 286/2006 (art. 2 cc. 132 e 133). La norma affida alla SIAE il compito di ripartire il Fondo tra gli aventi diritto, sulla base dei criteri stabiliti con Decreto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali, nelle seguenti percentuali:
per le opere a stampa: 50% autori e 50% editori;
per i fonogrammi: 30% autori e 30% editori; 20% produttori e 20% artisti interpreti ed esecutori;
per i videogrammi: 30% autori e 30% editori, 20% produttori originali di opere audiovisive e 20% artisti interpreti ed esecutori.

Un successivo Decreto del 2017, tuttavia, stabilisce che il Fondo non debba più essere erogato ai singoli aventi diritto, ma collettivamente all’associazione di categoria maggiormente rappresentativa a livello nazionale che ne faccia richiesta ogni anno. Dal canto suo, detta associazione si impegna a investire la somma ricevuta “a scopi di carattere generale, quali iniziative volte alla promozione del libro e della lettura”.
Agli autori viene comunque riconosciuto il diritto di opporsi alla ripartizione collettiva e di richiedere la propria quota del Fondo, presentando opportuna documentazione. Purtroppo, questo è di fatto impossibile, in quanto in Italia le biblioteche non pubblicano dati dettagliati sulle opere richieste in prestito e di conseguenza gli autori non hanno accesso alle informazioni necessarie per esercitare il proprio diritto.

 

Pubblicato il giorno 12 novembre 2016 Archiviato in: Normativa

Corte Europea: prestito e-book equiparato a prestito libro cartaceo

Una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea ha riconosciuto che il prestito di un libro elettronico può, a determinate condizioni, essere equiparato al prestito di un libro tradizionale. In tale situazione è applicabile l’eccezione di prestito pubblico, che prevede, in particolare, un’equa remunerazione degli autori.

Nei Paesi Bassi, il prestito di libri elettronici da parte di biblioteche pubbliche non rientra nel regime del prestito pubblico applicabile ai libri tradizionali. Attualmente, le biblioteche pubbliche mettono i libri elettronici a disposizione del pubblico su Internet, sulla base di accordi di licenza con i titolari dei diritti.

La Vereniging Openbare Bibliotheken, un’associazione che riunisce tutte le biblioteche pubbliche nei Paesi Bassi (VOB), ritiene che il regime per i libri tradizionali dovrebbe applicarsi anche al prestito digitale. In tale contesto, essa ha presentato un ricorso contro la Stichting Leenrecht, una fondazione incaricata della riscossione della remunerazione dovuta agli autori, al fine di ottenere una sentenza
dichiarativa in tal senso.

Il ricorso della VOB riguarda i prestiti organizzati secondo il modello “one copy, one user“, ossia il prestito della copia di un libro in formato digitale realizzato caricando tale copia sul server di una biblioteca pubblica e consentendo ad un utente di riprodurre detta copia scaricandola sul proprio computer, fermo restando che durante il periodo di prestito può essere scaricata una sola copia e che, alla scadenza di tale periodo, la copia scaricata da tale utente non può più essere dal medesimo utilizzata.

Il Rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi), investito della controversia, ritiene che la risposta alle domande della VOB dipenda  dall’interpretazione delle disposizioni di diritto dell’Unione ed ha sottoposto alla Corte di giustizia diverse questioni pregiudiziali.

La Corte rileva, innanzitutto, che non sussiste alcun motivo determinante che consenta di escludere, in qualsiasi caso, il prestito di copie digitali e di oggetti intangibili dall’ambito di applicazione della direttiva. Tale conclusione è peraltro avvalorata dall’obiettivo perseguito dalla direttiva, ossia che il diritto d’autore deve adeguarsi ai nuovi sviluppi economici.

Inoltre, escludere completamente dall’ambito di applicazione della direttiva il prestito effettuato in formato digitale sarebbe contrario al principio generale che impone un alto livello di protezione in favore degli autori. La Corte precisa anche che gli Stati membri possono stabilire condizioni supplementari che possono innalzare il livello di tutela dei diritti degli autori oltre quanto esplicitamente previsto dalla direttiva.

Malgrado la sentenza della corte UE chiarisca che il prestito deve seguire il modello *una copia, un utente*, la Federazione degli Editori Europei (FEP) e l’associazione degli editori inglesi hanno definito la sentenza uno shock per l’editoria, in quanto il prestito di un e-book è molto diverso dal prestito di un libro tradizionale, essendo il prestito digitale sostanzialmente sinonimo di copia illegale.

Comunicato stampa sulla sentenza